giovedì 18 agosto 2011

Di sassi e neuroestetica


Quando mio figlio ha fatto l'ADOS qualche mese fa, ha visto bene di "aprire" sontuosamente il test andando a prendersi i famosi cubetti di legno ed allineandoli diligentemente sul bordo del termosifone. Comportamento MAI visto né a casa né in altri contesti, ma tant'è. Effetto Hawthorne o meno, sicuramente la cosa non è passata inosservata alla neuropsichiatra.
Credo che esista tutta una serie di stigma culturali (e, di conseguenza, clinici?) su quelli che possono essere considerati segni patognomici dello spettro autistico, tra cui, appunto, il fatto di allineare oggetti. Quello che mi chiedo è perché considerare "deviante" dalla norma giustapporre oggetti secondo una linea orizzontale, e non farlo, chessò ad esempio, per oggetti giustapposti secondo una linea verticale. Nella cornice culturale di ciò che passiamo per neurotipico costruire torri, ad esempio, è un'attività incoraggiata ed insegnata al bambino, tant'è che credo vi sia una prova inerente a questo in un subtest del  PEP-3
Ciò che dovrebbe allertare in qualsiasi comportamento, anche ludico, è la potenziale pericolosità del comportamento stesso e la frequenza, o pervasività, dello stesso rispetto a un range di attività che il bambino è in grado di fare o che gli vengono proposte. Al di fuori di questi due criteri o caveat, non credo che vi siano attività di per sé riconducibili a una qualche patologia. Qualsiasi esperienza, in quanto naturale opportunità di elaborare informazioni, può fungere da elemento di sviluppo; anche il mero allineare oggetti, il semplice rimando alla percezione e ad abilità visuocostruttive.
Detto questo, a Lupidus piace maneggiare, spostare, lanciare oggetti rotondeggianti, in special modo i sassi. Anche altri oggetti possono assurgere al ruolo di fedeli compagni di gioco, vedi patate, limoni, noci di cocco (le palle no, ovviamente, Dio ce ne scampi!).

quattro noci di cocco sul divano non hanno mai fatto male a nessuno


Sicuramente in questi giochi vi è una componente percettiva legata al tatto (il prendere in mano, il saggiare la superficie, il ponderarne il peso), all'udito (il rumore dell'oggetto che cade), e alla vista (il seguirne la traiettoria), ma vi è anche una componente più puramente estetica nel collocare un determinato oggetto in un determinato punto dello spazio. O più oggetti secondo configurazioni di per sé non geometriche, ma che lo divengono in rapporto all'ambiente circostante (il raggruppare oggetti in una precisa ubicazione).
Mio figlio ama molto questo tipo di gioco, e mi sono chiesta: perché? Non è solo la reciprocità e la reiterazione che contribuiscono a renderlo interessante, intuisco che vi sia una qualche soddisfazione (la stessa soddisfazione di chi in spiaggia scava una buca o costruisce una montagnetta di sabbia senza alcuna riprovazione sociale) nel modificare lo spazio circostante secondo criteri estetici del tutto personali. Questi criteri credo che abbiano a che fare con la ricorsività degli elementi, come dimostra, tra le altre cose, l'ottimo lavoro di architettura di Simon Humphreys, che ha progettato diversi complessi per persone con DSA, ispirandosi non a caso anche a Fibonacci.


3 commenti:

  1. E' un po' l'idea della Land Art

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  2. Chissà che questo blog non mi insegni a non essere vanamente passiva nei confronti dei titolati esperti.
    Potrei smettere di lamentarmi e tentare, nel mio piccolo, di osservare e valutare da me.
    E' un discrimine pericoloso, che non deve mai negare la collaborazione con chi fa terapia di mestiere ma la passività dissimulata da un atteggiamento di fiducia non è funzionale.

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  3. Cara anonima, era giusto quello che si diceva l'altra sera...

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