Quanto tempo è passato da quando abbiamo avuto la nostra prima diagnosi, ancor prima, da quando mi sono accorta che c'era qualcosa che non andava. C'è stato un tempo fermo e buio, in cui sembrava che qualcuno raccontasse la tua vita, mentre intanto la tua vita, la tua vita vera (e invece no: solo mentale) andava avanti. C'è stato un tempo di ottimismo, di rincorse, di duro lavoro, di adattamento, di alcune risposte. C'è stato un tempo per l'accettazione, e per la gioia, c'è stato un tempo di normalità.
Ma una madre, almeno questa madre, non avrà mai più un tempo passato, in cui dirsi: ok è successo, andiamo avanti. Esisterà sempre e solo un tempo futuro, su cui interrogarsi, su cui accendere nuove speranze, un tempo di lotte e di non rassegnazione. Perché rassegnarsi fa respirare, ma ti fa anche abbandonare il figlio.
Non credo che essere autistico rappresenti un dono?, una dote? per mio figlio. E' una condizione. Che io rispetto. E il portatore di questa condizione è un bambino che, sicuramente a causa di questa sua condizione, ha maggiori difficoltà di un suo coetaneo. Non sono per l'omologazione, ma questa è una diversità che arreca a volte sofferenza, e, in quanto tale, non credo possa appartenergli.
E' nelle mie mani, nelle nostre mani. E nelle sue mani. Perché nessun terapista, nessun neuropsichiatra titolato, nessun insegnante, nessun medico avrà mai LA risposta. La risposta è tenerlo vicino, ed insegnar loro a crescere. A Lui e al Suo Autismo.
(sì lo so, è un post duro e controverso; ma sinceramente non ne posso più di leggere frasi del tipo "accetto mio figlio per quello che è, non cambierei mai la sua condizione ecc.", perché certo che accetto mio figlio per quello che è, certo che ho rispetto per questa condizione, ma questo non mi lascia incapace di distinguere ciò che è mio figlio e ciò che è autismo, e amare il primo non comporta necessariamente che io ami il secondo. Non comporta soprattutto che io non faccia qualcosa per migliorare -attenzione: non sto usando termini come eradicare, eliminare- questa sua condizione. Del resto, "who cares?".. Siamo rimasti solo noi, le famiglie. Consentiteci almeno qualche debolezza.)